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lunedì 28 febbraio 2011

Come scrivere un articolo divulgativo sulla scienza

Dave Munger
Dave Munger
Il blog è uno strumento potente e al tempo stesso divertente, perché dà la possibilità di alternare post leggeri, come ad esempio quelli con i video incorporati, ad altri decisamente più lunghi, ricchi di spunti e di contenuti seri. I post appartenenti a quest'ultima tipologia appartengono, secondo me, alla schiera degli articoli seri, cui siamo abituati leggendo i quotidiani.
Quando ci si propone sul web, però, si possono avere molti approcci, ma quando nello specifico si affronta l'argomento della scienza esiste, probabilmente, una strada maestra, che certo può essere percorsa in modi differenti, ma che dovrebbe essere la guida di tutti quelli che ambiscono a trattare di scienza (e in caso contrario fanno tutt'altro, certo non informazione).
E' sempre, però, molto difficile identificare questa strada, ma una buona guida può essere questo articolo di Dave Munger ospitato sul blog di Travis Saunders e Peter Janiszewski. Iniziamo, però, a raccontare un paio di parole su Dave:
Dave Munger è un blogger scientifico statunitense (Wordmunger), oltre ad essere l'ideatore di ResearchBlogging, e la persona cui Peppe, a nome degli altri blogger scientifici italiani, si è rivolta per l'apertura alla lingua italiana dell'aggregatore scientifico. Le opinioni di Dave, dunque, hanno un certo peso e, soprattutto, vanno tenute in gran considerazione, anche quando non si è completamente d'accorso con il suo ragionamento.
Nel guest post di cui sopra, comunque, Munger propone una serie di interessanti consigli per realizzare un buon post (o articolo, nella mia accezione) scientifico, centrato nel suo discorso su una ricerca (ma si potrebbe estendere anche ad argomenti più divulgativi o didattici).
Il primo consiglio è, banalmente, scrivere di una data ricerca solo quando la si reputa interessante, e questo non necessariamente lega al dover parlare di ricerca recente: è in un certo senso una definizione allargata di news, che secondo me ha più senso per la classificazione e categorizzazione dell'articolo che non per come i contenuti vadano trattati. Interpreto, infatti, questo primo consiglio come l'invito a non fossilizzarsi su ciò che di nuovo propone il mondo della ricerca.
Il secondo consiglio, invece, mi sembra importante: essere certi di aver compreso la ricerca di cui si vuole scrivere. A mio modo di vedere non è necessario comprendere ogni dettaglio, perché spesso i dettagli sono comprensibili solo a chi lavora in quello stretto campo d'indagine, ma essere in grado di comprendere ciò che i ricercatori stanno raccontando. Una buona comprensione della ricerca rende molto più semplice e naturale lo svolgimento corretto dei consigli successivi:
mostrare perché la ricerca è interessante, che implica non seguire necessariamente l'ordine seguito dai ricercatori nel loro paper (è l'articolo scientifico scritto per le riviste specialistiche, che chiamerò paper per distinguerlo dall'articolo scientifico di stampo divulgativo), perché non è necessariamente quello migliore per raccontare la ricerca stessa;
lasciare che la ricerca parli per se stessa, ovvero fornire dettagli su come la ricerca è stata condotta, o quanto meno dare un'idea sul metodo usato dai ricercatori; d'altra parte bisogna stare attenti a non includere dettagli rilevanti solo per gli scienziati, e quindi bisogna essere in grado di distinguere tra i dettagli utili al nostro racconto e quelli inutili, perché banalmente specialistici; in questo senso è anche importante ridurre al minimo, se non addirittura non utilizzare il gergo scientifico: su questo punto non sono completamente d'accordo, e penso che a supporto dell'approfondimento del gergo debba venire la Wiki o un glossario realizzato dallo stesso blogger cui fare eventualmente riferimento;
importanti, allo stesso livello, i due punti successivi, ovvero bisogna raccontare una storia, ma non bisogna lasciare spazio ad ambiguità e cattive interpretazioni, soprattutto nella fase introduttiva, visto che non necessariamente i lettori potrebbero leggere l'intero nostro articolo. Questa è certo una parte molto difficile da portare a termine, che può certo essere ridotta con l'uso di una parte introduttiva e riassuntiva del nostro articolo (l'equivalente di un abstract per un paper) o l'uso di sezioni o di suddivisioni evidenti all'interno di quello che abbiamo scritto. La suddivisione in sezioni può essere, a mio parere, fatta o con dei titoli ben precisi, o attraverso la formattazione (l'uso del grassetto o del corsivo), o ancora con l'alternanza delle immagini.
Queste ultime, anche per Munger, assumono una importanza fondamentale: innanzitutto bisogna utilizzare i grafici proposti dai ricercatori, se presenti, ricordandosi di spiegare ogni grafico presentato: una operazione di questo genere ha anche il vantaggio di farci comprendere quanto della ricerca abbiamo noi stessi compreso. Non bisogna, poi, associare una immagine generica con una ricerca specifica: non necessariamente questo è l'abbinamento corretto (non sono completamente d'accordo: a volte sono dell'idea, magari solo per motivi puramente estetici, di usare una bella immagine anche solo per l'introduzione).
Degli ultimi consigli prendo, infine, quello sulla concisione (un invito alla sintesi o, in casi eccezionali, alla suddivisione in due o più parti) e soprattutto alla citazione delle fonti, che non sono solo il paper che abbiamo esaminato, ma anche quelli appartenenti alla bibliografia proposta dai ricercatori, a maggior ragione se per l'esame utilizziamo parti che gli stessi ricercatori hanno supportato con una buona bibliografia.
Se esaminiamo tutto questo, ci si rende conto come molto spesso in Italia si tende a divulgare la scienza solo ed esclusivamente attraverso le agenzie stampa, che tendono a semplificare il discorso. Esempio è la seguente agenzia:
Il testo enfatizza la complessità del genoma sequenziato ma si ferma lì, non fornisce alcuna ulteriore informazione. E la stessa cosa fanno i blogger che riprendono in maniera più o meno integrale l'agenzia. Moreno, invece, enfatizza le ricadute future della ricerca:
Ma un genoma così particolare come quello della dafnia può fornire risposte che possano valere anche per la biologia umana? Fortunatamente, rispetto ad altri invertebrati, la pulce d'acqua ha molti più geni in comune con l'uomo, e potrebbe quindi fungere da organismo modello ottimale per questi studi: investigando i geni che si accendono e si spengono in questo piccolo crostaceo in risposta a composti chimici tossici o inquinanti, sarà possibile prevedere quali di essi potrebbero essere dannosi per la nostra salute o per l'ambiente.
Generalmente, in Italia, seguire le agenzie è sempre la strada sbagliata, almeno relativamente alla scienza: il livello di approfondimento e di chiarezza delle nostre agenzie è circa 1/4 delle corrispondenti agenzie in lingua inglese, che anche in quel caso spesso sono incomplete della fonte primaria (il paper), pur se lasciano quella secondaria (il link all'istituzione accademica che ha finanziato la ricerca o diffuso la notizia), e questo è spesso un difetto che hanno per primi gli uffici stampa accademici.
Esistono, comunque, molti modi per scrivere di scienza: non so quale sia il migliore in assoluto, so però un paio di cose: che i consigli di Dave Munger sono sensati e un'ottima base di partenza per costruire il proprio modo di raccontare la scienza, che soprattutto raccontarla rilanciando in maniera più o meno integrale una o più agenzie stampa è un modo, nella migliore delle ipotesi, incompleto e quindi, a modo suo, scorretto. In questo senso sarebbe molto più utile lasciare ai lettori il link agli abstract, così che siano loro a fornirsi un'idea attraverso del materiale genuinamente proveniente dai ricercatori e non dalla seconda mano della seconda mano...

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