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sabato 25 dicembre 2010

ResearchBlogging.org supporta anche l'italiano

Come vi avevo anticipato, ResearchBlogglin.org supporta, ora, anche la lingua italiana. Dave Munger ne ha dato l'annuncio ufficiale, incluso l'elenco dei primi blog iscritti, i fondatori, potremmo dire: Ovviamente possono iscriversi nuovi blogger, a patto che si abbia già in archivio almeno un post su articoli scientifici referati.
Potete, poi, seguirci su twitter, oppure con i feed rss: nell'apposita pagina potete scegliere se seguire tutti gli argomenti, o solo quelli di vostro interesse.
E dopo il doveroso annuncio, rinnovo gli auguri di Buone Feste a tutti i lettori!

giovedì 23 dicembre 2010

Si può fare!

La mitica frase in Frankestein jr. di Mel Brooks pronunciata dall'erede del dr.Frankenstein di Mary Shelley calza a pennello per l'occasione.
Come ha ricordato Peppe, è nato il Research Blogging in italiano: basta andare sul sito ufficiale e cambiare la lingua. Avrete una schermata che raccoglie i blog scientifici italiani che aderiscono alla prima infornata, quella dei fondatori, o di quelli che hanno risposto presente alla prima chiamata di Peppe.
La storia, se volete, inizia ufficialmente all'alba del Carnevale della Fisica di fine novembre, anche se della soluzione che Research Blogging propone stavamo già pensando da un po'.
Il sito, infatti, è un aggregatore di blog scientifici in inglese, lingua ufficiale, tedesco, spagnolo, portoghese, cinese, polacco e da oggi anche italiano. Presto saranno attivi i feed rss e l'account twitter, il tutto amministrato, per il 2011, da Peppe, Amedeo Balbi e Moreno Colaiacovo, gli editor del progetto. Speriamo che aumenterà questo numero con il passare del tempo, nel senso che speriamo che aumenteranno i blogger che fanno buona divulgazione scientifica a chiedere l'iscrizione all'aggregatore.
La prima differenza, infatti, tra questo aggregatore e gli altri è che in questo caso l'iscrizione viene valutata da un gruppo di esperti del settore del blogging scientifico, di fatto ricercatori o ex-ricercatori. La seconda, e forse più importante differenza, è che nell'aggregatore possono andare solo i post che parlano di ricerca referata, ovvero approvata per la pubblicazione su rivista scientifica, o preprint che hanno ricevuto il nulla osta per la pubblicazione.
L'idea è quella di segnalare la buona divulgazione scientifica e soprattutto di alimentare una discussione seria sulle ricerche scientifiche periodicamente pubblicate sulle riviste. Come diceva Andrea Bernagozzi alla presentazione di Seconda stella a destra, le ricerche scientifiche sono pagate con i soldi delle tasse e quindi i loro risultati devono in qualche modo ritornare ai cittadini. In un certo senso i blogger scientifici fanno proprio questo: riportano alla gente i risultati della scienza, cercando di essere il più chiari possibili.
A questo punto non mi resta che invitarvi a seguirci su questo nuovo strumento, che verrà ufficialmente annunciato il 24, perfetto regalo (un po' anticipato) di Natale per voi dai vostri amati blogger scientifici!
Nello screenshot qui sotto potete apprezzare la prima home page in italiano, frutto degli inserimenti (e degli scervellamenti) notturni del sottoscritto e dell'altro nottambulo che porta il nome di Peppe Liberti (e poi c'è chi dice che in Calabria non c'è cultura!):

Pensierini notturni
Repetita iuvant: restate sintonizzati, ci sarà da divertirsi!

venerdì 17 dicembre 2010

Guida galattica al sistema solare

E' una sorta di paralipomeno alla Guida galattica per autostoppisti di Douglas Adams, Seconda stella a destra di Andrea Bernagozzi e Davide Cenadelli, giunti nella Cupola Fiore dell'Osservatorio di Brera per presentare il loro libro.
La loro presentazione è anche semplice e brillante: i due, in una sorta di gioco delle parti che ricorda a tratti quello di Antonello Dose e Marco Presta (quelli del Coniglio), descrivono i contenuti del libro, una semplice guida scritta per i turisti del 12009 che, provenienti dalle colonie lontane dal sistema solare e desiderosi di arrivare lì dove sono le loro origini, giungono per prima volta nei pressi della Terra. In questo gioco con il pubblico si cala perfettamente Cenadelli, mentre alcune delle affermazioni più serie (non me ne voglia quest'ultimo) provengono da Bernagozzi, come ad esempio i chiarimenti sulle splendide immagini che arricchiscono il libro, e che vengono proiettate sullo schermo alle spalle dei due autori.
Queste, accreditare tutte nelle pagine conclusive del libro, provengono dai siti dei principali enti di ricerca astronomica internazionali, come l'Esa o la Nasa. Queste immagini, che vanno necessariamente e doverosamente accreditate, sono rese pubblicamente disponibili, come molti dei dati che poi verranno elaborati dagli astronomi. Tutte queste informazioni è importante che siano pubblicamente disponibili(1), perché i risultati ottenuti da queste grandi collaborazioni sono pagati con i soldi delle tasse di tutti i cittadini, e quindi è importante che i risultati, tra cui le foto astronomiche, ritornino disponibili a tutti i contribuenti. Ovviamente i due astronomi hanno comunicato ai vari enti l'uso a scopi commerciali delle loro immagini, e gli enti sono stati ben contenti dell'informazione, e anzi sembra che abbiano suggerito anche le immagini da utilizzare.
Alle immagini è legata anche un'interessante curiosità: la stesura del testo è venuta dopo la scelta delle immagini da utilizzare. In pratica il testo che è giunto tra gli scaffali delle librerie è solo l'ultimo passaggio del processo creativo. Il primo, invece, viene dall'editore, la Sironi, che in pratica, dopo aver contattato i due autori per proporre loro di scrivere un libro di divulgazione astronomica, ma con un taglio giocoso, di tipo fantascientifico, hanno anche imposto il titolo. Secondo alcune recenti ricerche di marketing, infatti, un libro con un titolo che richiama ad una canzone di successo, vende di più.

mercoledì 15 dicembre 2010

La nuova era


La partenza del Falcon 9, la navetta della Nasa per i trasporti orbitali commerciali (Nasa)
Mentre i lanci dei razzi da Cape [Canaveral] sono considerati un evento comune, il significato storico del risultato odierno [8 dicembre] per SpaceX non deve andare perduto.
Questo è il primo di una nuova generazione di lanci commerciali che aiuterà a portare un supporto vitale [in termini economici, ndG] alla Stazione Spaziale Internazionale e potrebbe un giorno portare gli astronauti in orbita. Questo positivo volo dimostrativo è un passo importante verso gli obiettivi sottolineati dal Presidente Obama e dal Congresso, e mostra come governo e industria possono sfruttare l'esperienza e le risorse per favorire una nuova e vibrante economia spaziale.
Questi nuovi esploratori stanno al volo spaziale come Lindbergh stava all'aviazione commerciale.
(Charles Bolden a proposito del Falcon)

Paolo Nespoli
Ricordiamo, poi, che il nostro Paolo Nespoli sta per partire proprio verso la Stazione Spaziale Internazionale, dove resterà, se non ricordo male, 6 mesi per la missione MagISStra. La diretta del lancio partirà, sul sito dell'Esa, a partire dalle 19:39.
La missione MagISStra è Paolo Nespoli: il nostro astronauta, infatti, andrà nello spazio e realizzerà alcuni esperimenti di fisica, fluidodinamica, biologia e altri ancora, non solo per conto dell'Esa, ma anche per Stati Uniti, Giappone e Canada. In campo tecnologico, sarà certamente interessante vedere le riprese che effettuerà: proverà, infatti, nello spazio la ESA-developed 3D camera, una camera per le riprese in 3 dimensioni!
Dal punto di vista didattico, poi, sarà interessante confrontare i risultati degli esperimenti che Paolo condurrà sui gas serra nello spazio con i risultati di esperimenti identici che verranno condotti sulla Terra in alcuni istituti superiori in Germania, Italia e Portogallo.
In definitiva un'esperienza interessante, da seguire anche sul twitter del nostro astronauta.
Update: Aggiornamento veloce di fine giornata. Paolo Nespoli è partito. A bordo della Soyuz, insieme a lui in volo verso la stazione spaziale internazionale, ci sono Dmitry Kondratyev e Catherine Coleman. Il video del lancio della navicella e dei primi minuti di volo è già disponibile per la visione. Per questo un ringraziamento a Fraser Cain per aver postato il video che vedrete di seguito:
Thanks, Fraser
(video non più disponibile)

giovedì 25 novembre 2010

La natura dello spazio e del tempo


Titolo: La natura dello spazio e del tempo. Come capire l'incomprensibile
Autore: Stephen Hawking, Roger Penrose
Edizione: Rizzoli Bur
Prima di tutto allievo e maestro, quindi amici, e poi simpaticamente avversari in una serie di lezioni/conferenze tenutesi nel 1994 presso l'Isaac Newton Institute for Mathematical Sciences a Cambridge: sono Stephen Hawking e Roger Penrose i protagonisti de La natura dello spazio e del tempo, il testo che raccoglie le 7 lezioni che i due ricercatori hanno tenuto a una platea di studenti universitari.
La struttura delle lezioni è semplice: inizia Hawking, prosegue Penrose, alternandosi uno all'altro per 6 incontri, fino al 7.mo che in realtà è strutturato come una discussione/confronto tra i due protagonisti e gli studenti. Può essere interessante notare a questo punto, prima di entrare nel dettaglio, come la maggior parte delle domande sono state rivolte a Penrose, tra i due il matematico, piuttosto che a Hawking.
Al di là di questa curiosità, il libro si segnala per l'alto tasso tecnico del suo contenuto: non solo i due conferenzieri non risparmiano la quantità di informazioni scientifiche, la precisione e il tentativo di semplificare, ma propongono anche gli opportuni approfondimenti, fino ad arrivare alla proposizione delle equazioni matematiche all'uditorio e quindi anche alla versione cartacea.
Esempio è la classica equazione di Einstein:

martedì 16 novembre 2010

La supernova che diventò buco nero


M100 agli UV. Nel cerchio SN 1979C (2005, immagine Nasa)
Per anticipare la conferenza della Nasa nei dettagli, piuttosto che nella sostanza, bisognava avere non solo tempo, ma anche un certo naso, perché l'articolo cui si riferisce l'annuncio di ieri si trovava su arXiv sin dal dicembre 2009, mentre la sua versione definitiva, che verrà pubblicata ad aprile 2011 su New Astronomy, è stata caricata appena 5 giorni prima della conferenza stampa.
Daniel Patnaude, Abraham Loeb e Christine Jones, dell'Harvard-Smithsonian Center for Astrophysics, hanno esaminato i dati raccolti con la spettroscopia a raggi X tra gli anni 1995-2007 dalla zona in cui si trovava la supernova SN 1979C, scoprendo che in effetti, dopo la sua esplosione, il posto della stella è stato preso da un buco nero. Ovviamente i ricercatori restano con i piedi per terra:
Se la nostra interpretazione è corretta, questo è l'esempio più vicino di nascita di un buco nero ad essere stato osservato
La scoperta, in effetti, ha un duplice valore: da un lato l'avere un buco nero a un tiro di schioppo (52 milioni e mezzo di anni luce circa), dall'altro la possibilità di avere dati concreti su una parte della vita delle stelle che fino ad ora ci era preclusa (non dimentichiamo che i dati che ci arrivano si riferiscono a un buco nero di appena trenta anni).
Andiamo, però, con ordine.
Avevo già avuto modo di parlare di singolarità, cioé di buchi neri: sono delle deformazioni dello spaziotempo tali per cui l'unico percorso possibile anche per la luce è una curva che porta al centro del buco nero. La deformazione inizia a far sentire i suoi effetti solo una volta che si supera una ben determinata linea di demarcazione, il così detto orizzonte degli eventi, dell'ordine del raggio di Schwarzschild: \[r_S = 2 G \frac{M}{c^2}\] dove $G$ è la costante di gravitazione universale, $M$ la massa del buco nero, $c$ la velocità della luce.
Il fatto che un buco nero sia un oggetto che non emette praticamente nulla, a parte la flebile radiazione di Hawking, costringe a osservazioni indirette di questo oscuro oggetto spaziale, e il primo modo è sicuramente osservare i moti degli oggetti vicini e da questi dedurre la sua possibile esistenza in un dato punto dello spazio.
Un altro modo è osservare le emissioni nei raggi-X, questo perché in questo modo è possibile osservare flussi di energia e di materia che cadono all'interno del buco nero: è in un certo senso una osservazione quasi diretta, anche perché non è strettamente detto che l'oggetto su cui sta cadendo la materia è effettivamente un buco nero. E proprio grazie alla spettroscopia X che la scoperta di Patnaude, Loeb e Jones è stata possibile, e se vogliamo nemmeno poi così casuale: già nel 2005 si erano notate strane osservazioni in quella zona dello spazio, che risultava particolarmente attiva se osservata ai raggi-X, nonostante la scomparsa, da quasi trenta anni, della SN 1979C.
E ritorniamo al lavoro in pubblicazione: Patnaude e colleghi, dopo aver escluso una magnetar (una stella di neutroni con un campo magnetico particolarmente intenso, milioni di miliardi superiore a quello terrestre) o altre emissioni, dovute ad esempio a particolari getti di vento solare (era una delle ipotesi avanzate nel 2005 per spiegare quelle osservazioni), valutano come unica possibilità che, allo stato attuale, si adatta alle osservazioni un buco nero con una massa di circa 5 masse solari, unito con una piccola componente di raggi-X termici (se ho ben capito, dovrebbero essere radiazioni X generate dagli oggetti vicini al buco nero, o comunque dallo spazio circostante). In effetti un indizio su cosa aspettarsi era già venuto, sempre nel 2005, da un altro trio di ricercatori, Timothy Young, Dean Smith e Tricia Johnson del Nord Dakota, secondo il cui modello si suggeriva la presenza di un buco nero di appena 2 masse solari.
Come vedete, dunque, al di là delle cautele del caso, sempre necessarie, la scienza progredisce con il solito modo: verificare le ipotesi, scartando quelle che male si adattano alle osservazioni e proponendo, invece, quelle che meglio interpretano i dati osservati. In questo caso è il lavoro di Young e soci ad essere stato confermato e ulteriormente migliorato dal gruppo di Patnaude, almeno fino al prossimo esame dei dati osservativi.

mercoledì 10 novembre 2010

I rompicapi di Alice: Labirinti


Il Minotauro e il labirinto di André Mason
La leggenda narra che la moglie di Minosse, re di Creta, tale Pasifae, nota anche come Perseide, appassionatasi al toro bianco destinato al sacrificio, chiese aiuto a Dedalo per soddisfare le proprie voglie (o istinti animali, visto quel che si dice sarebbe successo). Dedalo, ingegnere ateniese in esilio, una sorta di tuttofare (aveva anche forgiato spade, nella sua carriera, come ad esempio quella invincibile di Peleo, che gli venne sottratta da Acasto nel sonno) che intratteneva la famiglia reale cretese con le sue bambole animate di legno (proto automi? semplici burattini?), costruì una mucca in legno al cui interno Pasifae potè introdursi e tradire così il marito con il toro bianco dell'isola. Dall'innaturale unione nacque il famoso Minotauro e allora Minosse, per nascondere lo scandalo, si rivolse a un oracolo, il quale così gli rispose:
Chiedi a Dedalo di costruire un nascondiglio a Cnosso

Testa labirinto, Jean Cocteau
E allora Dedalo costruì un labirinto, al cui centro vennero rinchiusi Pasifae e il figlio, il Minotauro. Lo stesso Minosse vagò per i corridoi del labirinto.
Eppure secondo la storia più classica a noi tramandata, oltre alla moglie e al mostro da lei generato, Minosse rinchiuse nel labirinto anche Dedalo e il figlio Icaro, che vennero successivamente liberati da Pasifae. E visto che Dedalo aveva costruito il Labirinto di Cnosso, non è difficile credere che gli fu facile uscirne. Era però impellente la fuga dal vendicativo Minosse, così Dedalo costruì delle ali con penne fissate con la cera di creta(*), a dimostrazione della poliedricità del personaggio, ma l'irruenza giovanile portò Icaro, il figlio, a morire, precipitando in mare a causa della cera scolta dal sole(*): in un certo senso la punizione per l'aiuto fornito alla moglie di Minosse, mi verrebbe da dire.
A risolvere il labirinto costruito da Dedalo, però, ci pensò Teseo, aiutato da Arianna, figlia legittima di Minosse, e dal famoso filo da questa consegnatogli. Questo è sicuramente un modo per risolvere un labirinto in tre dimensioni, ma evidentemente ce ne sono anche altri(1).
Ad esempio quello che vorrebbe utilizzare Guglielmo da Baskerville ne Il nome della rosa di Umberto Eco, recitandolo ad alta voce ad Adso durante la prima visita alla labirintica biblioteca e ripromettendosi di utilizzarlo per le volte successive:

mercoledì 3 novembre 2010

I 100 strumenti per l'insegnamento

E' uscita la classifica dei 100 strumenti utili per l'insegnamento, redatta da Jane Hart. Ne da notizia Annarita Ruberto, che in fondo al post propone la carrellata di tutti i 100 software. Rilevanti sono le primissime posizioni, dove sono presenti strumenti che non sono nati espressamente per la didattica: Twitter al primo posto (confermato rispetto allo scorso anno), seguito da Youtube (che consolida il podio), e quindi Google Docs.
Al quarto posto, poi, ecco delicious, e poi al 5.o slideshare, il primo strumento propriamente didattico della classifica. E' sorprendente, poi, trovare Google Reader al 7.mo posto (anche se è sempre rimasto nelle posizioni alte della classifica, sin da quando è stata ideata nel 2007), mentre è significativa la crescita di facebook che dal 31.mo dello scorso anno arriva al 9.o posto. Chiude la top ten Moodle, uno degli strumenti più noti e utilizzati per la creazione di corsi on-line. E', a tutti gli effetti, uno strumento nato e realizzato appositamente per la didattica: può essere scaricato e installato su un apposito server, ma esistono anche dei siti che consentono l'hosting e l'installazione (gratuita o meno) di un sistema moodle minimale da personalizzare entro i limiti del piano tariffario scelto.
Di tutta la classifica, però, ho selezionato alcune applicazioni che mi sono sembrate interessanti e di queste, oggi, cercherò di parlare brevemente, sperando di tornare in futuro su alcune di esse, quanto meno su quelle che avrò avuto modo di approfondire.
Alternativo a delicious, diigo propone qualcosa di più, aggiungendo al salvataggio e condivisione di link, anche la possibilità di mettere note, evidenziare parti del testo, anche usando elementi grafici, con una integrazione con i principali sistemi operativi alla base degli smart phone.
E passiamo al prossimo, Glogster, una semplice applicazione on-line che ha un unico compito: realizzare poster. Così come Prezi (12.mo nella classifica) è uno strumento molto utile e interessante per la realizzazione (e condivisione) di presentazioni, così Glogster lo è per i poster (è possibile utilizzare anche la versione espressamente dedicata per gli insegnanti).
Un giochino, più un passatempo direi, è Wordle: basta inserire un testo, o una pagina web, o un feed rss, o un account delicious per ottenere una nuvola con le parole e le tag utilizzate.

mercoledì 20 ottobre 2010

La ciotola cantante tibetana

Peppe ha scritto due righe su The Tibetan Singing Bowl, preprint di Denis Terwagne e John W.M. Bush. Nel loro articolo si concentrano sulle campane tibetane, coppe metalliche che vengono stimolate in maniera opportuna per produrre delle vibrazioni e, da queste, dei suoni. Nel loro articolo i due autori descrivono la fluidodinamica di una campana tibetana piena di acqua, accompagnando quanto scrivono con un video:

lunedì 11 ottobre 2010

Nobel 2010: Economia

Si conclude, con oggi, l'assegnazione dei Nobel 2010 con l'annuncio del Nobel (che non è un Nobel(1)) per l'economia, a Peter Diamond del MIT, Dale Mortensen della Northwestern University e Christopher Pissarides della London School of Economics and Political Science
for their analysis of markets with search frictions
Degli ultimi due ho scovato un lavoro fatto in comune, New developments in models of search in the labor market (pdf), risalente al 1998.
Ora, in economia l'attrito è la resistenza all'apertura del mercato del lavoro verso l'assunzione di persone non occupate. L'articolo segnalato esamina proprio un mercato caratterizzato dalla presenza di questo attrito, che però semplicemente si limita ad osservare e modellizzare dati, suggerendo studi futuri (se sono stati fatti, il lettore aggiornato può utilizzare i commenti per segnalarli), ma non soluzioni. Così, se il premio sembra suggerire una strada verso cui dirigersi in questi tempi difficili, almeno due dei premiati non sono sembrati, almeno in passato, così intenzionati a proporre suggerimenti.
(1) La dicitura corretta del premio, che mancava nella proposta originaria di Nobel, è infatti Sveriges Riksbank Prize in Economic Sciences in Memory of Alfred Nobel: il premio, infatti è istituito grazie alla banca di Svezia e non grazie all'Accademia, un modo per dire quanto il mondo dipenda sempre più dalle banche...

venerdì 8 ottobre 2010

Nobel 2010: Pace


Liu Xiaobo
Liu Xiaobo, scrittore cinese, è il vincitore del Nobel per la Pace 2010:
for his long and non-violent struggle for fundamental human rights in China
Una scelta netta, corretta a mio parere, che punta il dito contro una delle nazioni emergenti dal punto di vista economico (un potere sempre crescente, come dimostrano i recenti problemi con il Giappone), ma che ha ancora molta strada da fare sul fronte dei diritti umani.
La vicenda di Xiaobo è anche piuttosto emblematica: arrestato il 23 giugno 2009 per incitamento alla sovversione contro il potere dello stato, il suo processo è iniziato il 23 dicembre dello stesso anno ed è stato condannato dopo appena due giorni a 11 anni di prigione e a 2 di interdizione dagli uffici pubblici. L'11 febbraio di quest'anno la sentenza è stata confermata in appello.
Tra le sue colpe, l'adesione a Charter08, movimento intellettuale in favore di una democratizzazione effettiva della Cina (traduzione in inglese del manifesto originale).
Non credo, però, che questo premio basterà per modificare effettivamente la politica estera della maggior parte dei paesi nei confronti della Cina: tutti sono a parole contro questo emergente paese asiatico, ma poi, alla prima occasione buona, sono pronti a stringere accordi commerciali vantaggiosi per le proprie industrie.

giovedì 7 ottobre 2010

Nobel 2010: Letteratura

E' a Mario Vargas Llosa, scrittore peruviano, cui è stato assegnato il Nobel per la letteratura 2010:
for his cartography of structures of power and his trenchant images of the individual's resistance, revolt, and defeat
Scrittore dalla grande attività sia come romanziere, sia nel teatro e nella saggistica, è certamente più noto, per quanto possa esserlo uno scrittore, di Herta Muller, la vincitirice dello scorso anno.
Certo c'è da sottolineare che per la seconda volta, dall'inizio dei Nobel di quest'anno, i no nei sondaggi riguardo la conoscenza del campo di ricerca o dell'opera dei vincitori hanno vinto per la seconda volta. La prima è stata in occasione del Nobel per la Fisica, l'unica occasione in cui, fino ad ora, ho risposto si.

Lo scudo di sir Gawain


Sir Gawain and the Green Knight di John Howe
In attesa del Nobel per la Letteratura, facciamo una capatina nel mondo del fantasy con Sir Gawain e il cavaliere verde, poema medievale del XIV secolo tradotto nell'inglese moderno da J.R.R. Tolkien e giunto in Italia per le edizioni Mediterranee nella traduzione di Sebastiano Fusco.
Ciò su cui voglio, però, far cadere l'attenzione del lettore in questa occasione è il simbolo posto sullo scudo di sir Gawain<, che potete ammirare nel magistrale dipinto di apertura di John Howe.
Esso è così descritto nel poema:
Esso è un sigillo che Salomone stabilì in un tempo remoto perché fosse emblema della Lealtà, e ciò per sua stessa natura: consiste infatti in una figura conformata con cinque punte, e ogni linea ad un'altra si sovrappone e poi si collega, e non termina in alcun luogo; sì che gl'Inglesi lo chiamano ovunque, come sento ripetere, il Nodo Infinto.
Detto pentacolo è in effetti una forma geometrica nota anche come pentagramma, molto amato dai pitagorici. Il motivo è semplice: è legato alla sezione aurea.

mercoledì 6 ottobre 2010

Nobel 2010: Chimica

Vincitori del Premio Nobel 2010 per la Chimica sono Richard Heck, dell'Università del Delaware, Ei-ichi Negishi della Purdue, Akira Suzuki di Hokkaido:
for palladium-catalyzed cross couplings in organic synthesis
Tutti intorno agli 80 anni, hanno vinto il premio grazie alle reazioni che portano il loro nome:

(meccanismo della reazione per l'accoppiamento di Negishi, 1977)

(meccanismo della reazione di Suzuki, 1979)
Le immagini provengono tutte da Commons.

martedì 5 ottobre 2010

Nobel 2010: Fisica

E quest'anno il Nobel è nanotecnologico. Si legge, infatti, nella motivazione del premio:
for groundbreaking experiments regarding the two-dimensional material graphene
Il premio è andato a due ricercatori russi: Andre Geim e Konstantin Novoselov, entrambi dell'Università di Manchester; l'ultimo è anche uno dei più giovani vincitori di un Nobel, essendo nato nel 1974 (36 anni!).
Geim, oltre ad essere lo scopritore del grafene, ha anche ideato la striscia dello geco (gecko tape), un nuovo materiale, oltre ad aver dimostrato la levitazione diamagnetica.
Novoselov, invece, è quello che si potrebbe definire un piccolo genio, con oltre 60 articoli scientifici pubblicati su riviste ad alto impatto (molti su Nature e Science).
Aveva già vinto, sempre per il grafene, l'Europhysics Prize nel 2008, sempre insieme a Geim:
for discovering and isolating a single free-standing atomic layer of carbon (graphene) and elucidating its remarkable electronic properties.
Ovviamente collabora con Geim alla ricerca su questo materiale estremamente duttile.
Update: un grazie a Michele Cascarano, che con il suo Google Buzz ha condiviso questo post sui Nobel 2010, From IgNobel to the Nobel Prize: Andre Geim, proprio per l'esperimento sulla levitazione, ha vinto l'IgNobel nel 2000 insieme a Michael Berry. Ovviamente mi ero scordato di Good science is fun, altrimenti avrei condiviso tale ancor più splendida informazione con i lettori sin da subito.

lunedì 4 ottobre 2010

Nobel 2010: Medicina/Fisiologia

Dopo l'assegnazione degli Ig Nobel, inizia quella dei Nobel veri e propri. Il primo ad essere assegnato è quello in medicina/fisiologia, andato quest'anno a Robert Geoffrey Edward
for the development of in vitro fertilization
Edward è un fisiologo britannico, originario di Leeds. Ha studiato agricoltura all'Università del Galles e quindi la genetica animale a Edimburgo. Dopo il Ph.D. nel 1955 è a Cambridge dal 1963.
Il suo lavoro di ricerca si è successivamente sviluppato nella fertilizzazione umana, in particolare quella in vitro, campo per il quale ha oggi vinto il Nobel.
E' dunque la prima novità dei premi di quest'anno, con il primo premio assegnato a un unico ricercatore.
(via Nobel Prize)

domenica 3 ottobre 2010

Ig Nobel 2010

Come ogni anno, di questo periodo, arrivano i premi Nobel (lunedì l'annuncio del premio per la medicina/fisiologia), e puntuali anch'essi, a fine settembre, arrivano anche gli Ig Nobel, i premi che vanno alle ricerche più improbabili, ma non per questo meno serie. Anzi, al di là del merito specifico delle ricerche premiate, questi premi hanno la possibilità, quando non premiano delle enormi assurdità (e succede anche questo), di far emergere ricerche anche di nicchia che difficilmente sarebbero note. Ha però anche un altro pregio: ricordare alla scienza e agli scienziati di non prendersi troppo sul serio. Per avere conferma, chiedere a tutti i premiati cosa pensano di Miss Sweetie Poo, per esempio.
Quest'anno, comunque, l'Italia si è ben difesa, con un premio, per il management, a Alessandro Pluchino, Andrea Rapisarda e Cesare Garofalo di Catania:
per aver dimostrato matematicamente che le organizzazioni diventerebbero più efficvienti se promuovessero persone a caso.
The Peter Principle Revisited: A Computational Study, il loro lavoro, è anche uscito su Physica A a febbraio di quest'anno (passate da Peppe per approfondimenti).

venerdì 10 settembre 2010

L'infinita compagnia dei numeri primi

Sta uscendo in tutta Italia il film tratto dall'omonimo romanzo La solitudine dei numeri primi, che, lo confesso, non ho letto. Se il concetto dietro il titolo è che i matematici e gli scienziati sono in realtà soli con se stessi e con le loro ricerche, i numeri primi, al contrario, costituiscono una compagnia pressocché infinita che genera l'infinità dei numeri interi e reali che li circondano.
In effetti sappiamo che tra due numeri distinti esiste una infinità di altri numeri più piccoli, concetto che avevano intuito anche gli Antichi Greci, se è vero che Zenone giunse al paradosso della freccia, che scagliata non avrebbe mai potuto raggiungere il bersaglio. Però, come scritto nel titolo, oggi ci occupiamo non già di paradossi, ma di numeri primi. Quindi prima di proseguire è necessario definirli una volta per tutte:
Un numero intero è detto primo se non è il prodotto di due numeri più piccoli
Per convenzione il primo numero... primo è 2, anche perché tutti gli altri numeri, primo o meno che siano, vengono definiti a partire dall'1, quindi ha una sua logica non includerlo nell'elenco dei primi. A questo punto, a partire da 2, sappiamo che tutti i numeri pari non sono primi, in quanto tutti multipli di 2 per definizione, e quindi sappiamo anche che tutti i numeri primi sono dispari. La serie, quindi, prosegue come 3, 5, 7, 11 e così via.

martedì 7 settembre 2010

Introduzione allo SCORM

L'acronimo SCORM sta per Shareable Content Object Reference Model, letteralmente Modello di Riferimento per gli Oggetti di Contenuto Condivisibili, una serie di specifiche su come diffondere e rendere condivisibile del contenuto. La definizione e il protocollo in questione, perché di questo si parla, nasce e si sviluppa all'interno del mondo dell'e-learning, ovvero quel mondo vasto e ancora poco definito dell'insegnamento a distanza. Personalmente preferisco definire l'e-learning come diffusione del sapere, un qualcosa di un attimino più formale di un blog scientifico o comunque divulgativo come questo.
All'interno dell'e-learning si distinguono una serie di tecniche e di pratiche differenti, una di queste è il così detto learning object, che può essere definito come una lezione, on-line o meno che sia (in effetti ci sono molti che considerano LO anche una lezione in presenza, magari non necessariamente una di quelle uniformate con i programmi ministeriali).
Si può fornire, però, anche una definizione un po' più precisa degli LO, che
(...) possono essere considerati degli oggetti di apprendimento digitali e non (solo digitali per alcuni autori) che perseguono un obiettivo formativo specifico, utilizzati sia da docenti, sia da studenti in modo indipendente e senza una sequenza predefinita.
Questa definizione, anche se non è data formalmente come definizione, è tratta da Il progetto @pprenderedigitale e i Learning Objects di Annarita Ruberto. Di definizione formale, in effetti, non ne esiste una univoca, come avrete capito, e la stessa Annarita ne fornisce tre, le principali in effetti.

mercoledì 25 agosto 2010

Come fu che Archimede incendiò le navi romane

Una delle figure più fulgide nel panorama della scienza antica fu sicuramente Archimede. Nato a Siracusa, era distratto e svagato, come quasi tutti gli scienziati, come scrive Montanelli. A conferma di ciò giova ricorcdare l'episodio della vasca, quando Archimede, immerso nell'acqua, ebbe l'intuizione per risolvere il dilemma propostogli dal suo sovrano, Gerone. Capito il principio che sta alla base della ben nota spinta di Archimede, lo scienziato siracusano corse fuori dalla vasca urlando Eureka! Eureka! dimentico persino di vestirsi: è semplicemente l'essenza del piacere della scoperta.
Morto Gerone, però, il suo successore decise che era tempo di affrancarsi, come era successo con la Grecia a suo tempo, e anzi di sfidare la potenza di Roma. La flotta dei latini, guidata da Marcello, assediò Siracusa per 8 mesi e più, fino a che non riuscì a vincere la resistenza dell'inespugnabile cittadina siciliana. I soldati romani sciamarono, così, per le strade della città, con l'ordine, però, di non toccare Archimede e anzi di trarlo prigioniero con tutti i riguardi. Il buon scienziato, ormai intorno alla settantina, era però sulla spiaggia a tracciare cerchi e figure geometriche quando un armigero gli si avvicina invitandolo a seguirlo. Di fronte al rifiuto (doveva prima concludere ciò che aveva iniziato), il romano lo uccise e così finì la sua vita il personaggio più geniale dell'antichità, l'artefice di una così lunga resistenza contro quello che stava per diventare l'esercito più forte di tutti i tempi.
Le macchine che Archimede ideò erano varie e disparate e tra queste, secondo la leggenda, ci sono i così detti specchi ustori, con i quali incendiava le navi romane che si avvicinavano alla costa. Durante la conferenza dedicata ad Archimede, The Genius of Archimedes - 23 centuries of influence on mathematics, tenutasi a Siracusa dall'8 al 10 giugno 2010, Cesare Rossi della Federico II ha proposto una idea alternativa a quella leggendaria, la cui inefficienza era stata provata già da tempo: Archimede utilizzò un cannone a vapore. Le sue idee sono state da poco pubblicate negli atti del congresso in un articolo dal titolo Archimedes' cannons against the roman fleet?
Storicamente l'attacco e l'assedio dei romani contro Siracusa si colloca tra il 214 e il 212 a.C.: come leggenda vuole, Archimede bruciò le navi nemiche grazie all'uso di una serie di specchi ustori. L'ingegnere greco Joannis Stakas aveva già provato un sistema di questo genere nel 1974, sistema che poi verrà utilizzato per riscaldare i liquidi in dispositivi diffusi nei paesi in via di sviluppo.
Nonostante la prova sul campo, però, sono state molte le perplessità circa l'efficacia del sistema come arma (di difesa o offesa che sia): innanzitutto la nave, per incendiarsi, deve trovarsi nel fuoco dello specchio, e quindi o si sposta continuamente lo specchio stesso o si cambia la sua curvatura in modo tale da seguire i movimenti della nave, che certo non ha nessuna intenzione di restare ferma a farsi bruciare. Inoltre per bruciare una nave occorrono grandi quantità di energia, e molto probabilmente bastava un secchio d'acqua per spegnere le prime fiammelle e quindi scongiurare il pericolo.
Tra le carte di Leonardo da Vinci, però, si trova un particolare disegno, lo schema di un cannone a vapore che egli attribuì ad Archimede e che chiamò architronito (o tuono di Archimede):
Architronito è una macchina di fine rame, invenzione di Archimede, e gitta ballotte di ferro con grande strepito e furore. E sasi in questo modo. La terza parte dello strumento istà in fra gran quantità di foco di carboni, e quando sarà bene da quelle infocata, serra la vite, d, ch'è sopra al vaso dell'acqua abc; e nel serrare di sopra la vite e' si distopperà di sotto, e tutta l'acqua discenderà nella parte infocata dello strumento, e lì subito si convertirà in tanto fumo che parirà maraviglia, e massime a vedere la furia e sentire lo strepido.
Questa cacciava una ballotta, che pesava un talento (una palla del peso tra i 26 e i 38 kg), sei stadi (una gittata di 1100 m).
Fa che 'l ferro cn sia pontato in mezzo la tavola, che gli è appiccata di sotto, a ciò che l'acqua possa in un tempo cadere d'intorno a essa asse.
(da Ms. B, f. 33 v.)
Prima di Leonardo, però, è Petrarca che nel De Remediis Utriusque Fortunae descrive un dispositivo simile, assegnandolo anch'esso al genio del siracusano:
Straordinario, se non anche le palle di bronzo, che vengono scagliate con tuono orribile. Non era abbastanza l'ira di Giove che tuonava dal cielo, se il piccolo uomo (o crudeltà unita alla superbia) non avesse tuonato anche dalla terra: la violenza umana ha imitato il non imitabile fulmine, come dice Virgilio. E quello che di solito è scagliato dalle nuvole, e mandato con uno strumento sì di fuoco, ma infernale. Ed alcuni ritengono che questo sia stato inventato da Archimede, nel tempo in cui Marcello assediava Siracusa. Per la verità lo escogitò per difendere la libertà dei suoi cittadini, sia per allontanare sia per differire la rovine della patria; e voi vene servite, invece, per opprimere i popoli liberi o col giogo o con la distruzione. Questa peste non molto tempo fa rara, ora siccome gli animi sono succubi alle cose più malvagie, è comune come qualsiasi genere di armi.
Ulteriore testimonianza, questa di prima mano, viene dallo storico greco Plutarco che nel suo Vite parallele, vol.II, Pelopida e Marcello 14-15, racconta che, durante l'assedio di Siracusa, i romani ad un certo punto videro spuntare un tubo e subito dopo Archimede stava iniziando a sparare qualcosa contro di noi.
Dalle ricerche di Simms, poi, sembra che il matematico Tartaglia scrisse che Valturio, ingegnere e letterato italiano, nel suo trattato De re militari, asseriva che Archimede aveva progettato un dispositivo in grado di sparare pietre grandi e pesanti.

martedì 24 agosto 2010

Che cos'è la vita?


Titolo: Che cos'è la vita?
Autore: Erwin Schrodinger
Edizione: Adelphi
Mentre Antonino Zichichi è impegnato a parlar male della teoria di Darwin (che ritiene di un livello inferiore anche rispetto alla teoria del Big Bang), sono molti i fisici che si interessano alla biologia, alla vita e all'evoluzione. Questo particolare filone di ricerca, che si posiziona tra le discipline di fisica, biologia e genetica vede come iniziatore un personaggio al di sopra di ogni sospetto, Premio Nobel per la fisica nel 1933 e scopritore di un'equazione che, come in moltissimi casi, porta il suo nome: Erwin Schrodinger. Suo degno erede su questa strada è un altro fisico, anch'egli Nobel, questa volta in medicina nel 1962, per una scoperta fatta nel 1953: stiamo parlando di Francis Crick e della scoperta della struttura a doppia elica del DNA insieme a James Watson e Maurice Wilkins(1).
Il libro di Schrodinger, Che cos'è la vita?, basato su una lezione tenuta sullo stesso argomento nel 1943 al Trinity di Dublino, fornisce quello che si potrebbe dire come il punto di partenza per la fisica dell'evoluzione e della vita, un libro che è stato di ispirazione per gli stessi Crick, Watson e Wilkins. Nel testo Scrodinger parte dalla fisica classica per addentrarsi via via sempre in maggiore profondità nell'argomento, utilizzando ben poche equazioni matematiche, ma con un discorso semplice, basato sulla statistica, sugli esempi e sui concetti di base della meccanica quantistica.

Erwin Schrodinger
Affrontando l'ereditarietà, la prima cosa che Schrodinger fa è rigettare come errate le conclusioni del fisico classico, passaggio essenziale per far emergere la natura quantistica nei meccanismi che il fisico vuole approfondire. La bellezza di questo capitolo, però, sta nella precisione e semplicità con cui un fisico è in grado di parlare di concetti come cromosomi, mitosi, meiosi che stanno alla base del meccanismo dell'ereditarietà. Tutto questo, con il supporto di immagini esplicative, è utile per l'introduzione ai geni e al capitolo successivo, quello dedicato alle mutazioni.
Le mutazioni sono, secondo Schrodinger, la base della teoria di Darwin e l'unico elemnto che va introdotto per aggiornare la sua teoria:
D'altra parte, a causa della loro ereditarietà, le mutazioni sono il terreno adatto su cui può lavorare la selezione naturale e produrre le specie nel modo descritto da Darwin, coll'eliminare gli inetti e lasciar sopravvivere i più adatti. Non si ha che da sostituire nella teoria di Darwin la parola mutazioni alle parole piccole variazioni accidentali (esattamente come nella teoria dei quanti, ai processi continui di cessione dell'energia, sostituisce i salti quantici). Per il resto, ben pochi cambiamenti è necessario apportare alla teoria di Darwin, che è, se io ho ben capito, il punto di vista accettato dalla maggior parte dei bilogi.
L'esame statistico ad esempio delle coltivazioni d'orzo sono il punto di partenza di un capitolo estremamente interessante, dove ad esempio viene ricordato come fondamentale il contributo alla teoria dato da Mendel, abate agostiniano.

sabato 21 agosto 2010

La matematica in gioco: Senza parole (o quasi)

L'immagine qui sopra viene da una dimostrazione senza parole proposta da Roberto Zanasi (a tal propostio, non dimenticate di passare dal Carnevale della Matematica #28: edizione agostana, ma non per questo meno bella!). L'idea è quella di dimostrare la formula seguente: \[1+2+\cdots+(n-1) = {n \choose 2}\] o come preferisco io: \[1+2+\cdots+(n-1)+n = {n+1 \choose 2}\] Può essere dimostrata con un paio di semplici calcoli, ricordandosi, ad esempio, degli amati numeri triangolari.

venerdì 13 agosto 2010

Storia dei greci


Titolo: Storia dei greci
Autore: Indro Montanelli
Edizione: BUR
A conclusione del trittico di post sulle guere tra le cità-stato greche, Atene in testa, e l'impero di Persia ecco una recensione del testo che ne è stato la fonte principale: Storia dei greci di Indro Montanelli.
Libro interessante, scritto con una prosa colloquiale e ironica, si concentra sui personaggi, perché la storia della Grecia antica è soprattutto la storia dei suoi personaggi: guerrieri, politici, filosofi, scienziati. E' anche una fetta della storia d'Italia, con le sue colonie, note come Magna Grecia: Crotone, Siracusa, Trapani, e molte altre. Ed è una storia divisa in quattro parti: il mito e la leggenda, che si mescolano con i fatti storici. Tra nomi e personaggi effettivamente esistiti, in leggende come il sacco di Troia, si innestano dati e personaggi storici reali, e omaggi a folli come Enrico Schliemann, il tedesco che voleva essere greco e che scoprì i resti della mitica città governata da Priamo. Città cantata da Omero, tra gli altri, poeta cortigiano, poeta dei ricchi, ricordato anch'egli in questa prima parte.
Omero era un poeta di corte, che lavorava su ordinazione di principi e principesse, clienti d'alto rango che esigevano prodotti confezionati sulla loro misura aristocratica e sul loro gusto togato, e non potevano commuoversi che alle sorti di eroi simili a loro, splendidi, cavallereschi e vincibili soltanto dal Fato.
E la Grecia di questo primo periodo è una nazione, che non è ancora nazione e mai lo sarà, invasa da popoli che dall'esterno si innestano sugli indigeni, cercano di fondersi con loro (gli achei) o di ridurli in schiavitù (i dori). Da queste fusioni e da questi conflitti nasce la storia accertata, quella delle origini, quella della polis, di Solone, delle colonie greche, nate prima per caso e poi per necessità demografiche. Città che dovevano alle polis d'origine la cultura, l'impostazione democratica, vizi e virtù, città che diedero un forte impulso anche alla cultura della stessa Grecia. In quel periodo, in effetti, anche l'Italia meridionale poteva e doveva essere chiamata Grecia, tanto era forte il legame d'origine con le città di provenienza dei primi coloni.
Finiva tutto lì, però, quel legame, e d'altra parte è assolutamente normale: le stesse città greche erano spesso e volentieri in battaglia tra loro, sempre troppo individualiste per mettersi insieme in una coalizione, se non sotto la spinta di un pericolo esterno, ma nemmeno tanto spesso, o per rivoltarsi contro un sovrano finalmente riuscito nell'improba impresa. E' in questa fase, caratterizzata soprattutto dalle guerre ai persiani di Dario e Serse, guerre la cui conclusione ha di fatto sancito il primato economico e culturale di Atene sul resto della Grecia, Sparta inclusa, che si pongono le basi per l'età dell'oro, l'età di Pericle.
Da Pericle ad Alessandro
Pericle, grazie alle sue qualità di buon amministratore, venne eletto dai suoi cittadini per 40 anni di seguito o poco più, in maniera ininterrotta. Grazie alla sua spinta Atene fiorì: dopo la conclusione delle mura di cinta, progetto iniziato da Temistocle, ma che questi dovette abbandonare a causa delle accuse di tradimento, gestì le finanze della città riuscendo non solo a rimpinguare le casse, ma anche a sviluppare l'edilizia pubblica e a rinforzare i commerci. Atene fu tanto grande grazie a Pericle e la sua crescita fu così rapida, che al cadere di questi, distrutto dai suoi stessi concittadini che non gli diedero più il loro appoggio dopo l'ennesimo processo intentato contro i suoi più stretti amici (l'ultimo contro la sua amante, la cui posizione mai volle regolarizzare), la caduta di Atene e con essa della Grecia fu rapida e non priva di dolore.
Il sogno di una Grecia unita durò solo lo spazio di un mattino, mi verrebbe da scrivere, per un periodo di appena 11 anni sotto Alessandro Magno, il folle re macedone: e non poteva essere altrimenti, con una madre come Olimpia, che ha fatto credere ad Alessandro di essere figlio di una divinità egizia scesa sulla terra sotto forma di serpente, e con un padre come Filippo, uomo senza dubbi e paure se non di fronte alla moglie (forse anche il motivo per cui, col passare degli anni, decise di giacere con altre donne disdegnando le belle grazie della consorte). Il sogno di avventura, un sogno in cui identificava se stesso come Achille, mitico eroe della guerra di Troia, durò appena 11 anni e spinse la Grecia fino all'Oriente, fino all'India: la strada dunque era aperta, una strada di commerci che venne battuta indipendentemente dal destino politico e militare dell'impero di Alessandro, in veloce disfacimento.
In tutto questo una società che aveva avuto Socrate, Fidia, Pitagora, Platone e molti altri come spina dorsale culturale (quasi tutti anche abili guerrieri), vide al contrario la sua cultura dare dei frutti preziosi proprio nel finale della vita politica della Grecia. Con Platone ancora protagonista, personaggio di passaggio tra l'età di Pericle, dove era allievo di Socrate, a quella del declino, dove era maestro di Aristotele, vide la scienza fiorire in maniera incredibile (almeno rispetto alle scoperte delle epoche precedenti): simbolo di questo colpo di coda scientifico è Archimede, forse uno dei più grandi personaggi di tutti i tempi, da quel che si racconta il perfetto prototipo dello scienziato.
E' indicativo, come sottolinea Montanelli, come questa società, caratterizzata da un dilettantismo diffuso e che in questo trovò forza per sopravvivere e al tempo stesso debolezza per unirsi, con l'avvento dell'era del declino, coincisa con il massimo della sua espansione, la specializzazione dei mestieri era spinta al massimo possibile. Mentre prima il cittadino si doveva intendere di un po' di tutto, essendo obbligato a partecipare alla vita pubblica della polis (prima o poi chiunque, al di là delle cariche rappresentative, sarebbe finito in un posto di responsabilità), con lo sviluppo delle arti, della cultura, della scienza (non dimentichiamo in questo caso anche il fondamentale contributo di Ippocrate, che praticamente dal nulla riuscì a dare i primi rudimenti di medicina, seppure non tutti di buona fattura) e soprattutto dei commerci e delle guerre era necessaria sempre più una maggiore specializzazione per poter sopravvivere in battaglia e ottenere i prezzi migliori durante le transazioni economiche. E' per questo che le conquiste di Alessandro, anche se prolungate nel tempo con un sovrano un po' più sano di mente, avrebbero semplicemente ritardato l'inevitabile declino di una civiltà che fondò l'Occidente ma che guardava di più a Oriente, una civiltà che venne conquistata dalla potenza militare di Roma, ma che alla fine dei conti conquistò l'anima stessa (o almeno parte di essa) dei romani.
Due parole sulla religione
Vorrei, comunque, chiudere con alcune citazioni, tratte dal libro di Montanelli, che ben sintetizzano il rapporto dei greci con la religione:
Diogene, che aveva la lingua lunga, disse che la religione greca era quella cosa per cui un ladro che sapeva bene l'Avemaria e il Paternoster era sicuro di potersela cavar meglio, nell'al di là di un galantuomo che li aveva dimenticati.
Il Pantheon dei greci, che ha subito un aggiornamento dai miti originali, quelli di Crono e Rea, grazie all'influenza della mitologia achea, nordica rispetto a quella originale (e questo forse spiega le somiglianze con i miti asgardiani), era, poi, decisamente molto esteso. Infatti:
Gli stessi greci non riuscirono mai a mettere ordine e a stabilire una gerarchia fra i loro patroni, in nome dei quali anzi combatterono molte guerre tra loro, ognuno reclamando la superiorità di quello suo.
E quindi ecco evidente come le così dette guerre sante siano un male che assedia l'umanità sin dagli albori della civiltà.
D'altra parte, sempre secondo Montanelli è proprio la religione una delle chiavi della sconfitta greca di fronte ai romani:
(...) quando gli dei furono distrutti dalla filosofia, i greci, non sapendo più per chi morire, smisero di combattere e si lasciarono soggiogare dai romani, che agli dei ci credevano ancora.

giovedì 12 agosto 2010

Una lega di straordinari gentiluomini


Foto di Benjamin Couprie, Institut International de Physique de Solvay, 1927
Marco Delmastro ha proposto un concorso per vincere il pop-book di Atlas. La foto è stata scattata durante la Solvay Conference on Physics del 1927, probabilmente la più famosa tra tutte le conferenze della serie, e il consesso di fisici qui immortalato è stato definito come A league of extraordinary gentlemen da Matthew Rodriguez riprendendo il fumetto di successo di Alan Moore e Kevin O'Neil (vedi anche questo articolo di Ettore Gabrielli). Il juLio's blog, che la definisce come la fotografia più famosa della scienza, fornisce anche il link a una versione ad alta risoluzione, con tanto di nomi che identificano ciascuno dei fisici.
La Solvay Conference è stata istituita nel 1911 da Ernest Solvay in quel di Bruxelles (vedi una copia della lettera inviata da Solvay a Poincaré) ed è la prima conferenza sulla fisica mai istituita.
La prima edizione ebbe come tema The theory of radiation and quanta mentre, come per le quattro successive, il chairman fu Hendrik Lorentz. La più famosa in assoluto, invece, fu la quinta edizione, quella del 1927, cui si riferisce la foto, a tema Electrons and photons. La sua fama è dovuta alla diatriba tra Albert Einstein e Niels Bohr.
E' cosa abbastanza nota che Einstein non vedesse di buon occhio la meccanica quantistica, e per sminuirne il valore pronunciò, riferendosi in particolare al principio di indeterminazione di Heisenberg, la famosa frase:
God does not play dice(1)
Cui fece seguito la piccata risposta di Bohr:
Einstein, stop telling God what to do(2)
Mentre Einstein, dunque, non riusciva ad accettare la natura stocastica delle leggi fondamentali del mondo microscopico, Bohr lo richiamò, con forza, a un precetto fondamentale della scienza: attenersi ai risultati e alle migliori spiegazioni possibili di quegli stessi risultati.
P.S.: Su gaussianos ci sono ulteriori informazioni sulla conferenza del 1927, in spagnolo, mentre i link ai blog non italiani presenti in questo post sono stati ricavati con una ricerca su TinEye.
(1) Dio non gioca a dadi
(2) Einstein, smettila di dire cosa Dio farebbe

La battaglia delle Termopili

E finalmente arriviamo alla famosa battaglia delle Termopili, ispirazione per questa serie di post oltre che evento storico tramandato dagli storici come fondamentale non solo per la seconda guerra contro i persiani, ma anche per il destino del mondo occidentale tutto. Molti storici e molti autori (buon ultimo Frank Miller nel fumetto, e poi nel film 300) attribuiscono agli spartani la consapevolezza di stare difendendo la libertà, la democrazia e i valori dell'Occidente contro l'Oriente: la verità è, probabilmente, molto più prosaica di questa. Stavano semplicemente cercando di sopravvivere e di non soccombere di fronte a un pesce più grande. O per essere ancora più cinici, stavano semplicemente cercando di difendere i propri affari, la propria economia e più in generale i propri valori.
Torniamo, però alla battaglia: si diceva che, nonostante la sconfitta dell'esercito spartano nella gola delle Termopili, è questa la battaglia e l'atto eroico che viene esaltato, al punto che Erodoto deve tramandare un tradimento ai danni di Leonida e dei suoi per giustificarne la sconfitta, un tradimento che ha guidato parte dell'esercito persiano lungo un viottolo che sbucava alle spalle dell'esercito difensore. Senza questo tradimento, suggrisce Erodoto, gli spartani non sarebbero stati sconfitti. Difficile a credersi, viste anche le proporzioni tra i due eserciti e nonostante la migliore posizione geografica degli spartani: da una parte 300 tra gli spartani più esperti ed anziani (perché i giovani dovevano restare a far da seme a casa, scrive Montanelli), più alcune migliaia di soldati provenienti da altre città greche, arrivando a un totale tra i 6000 e i 7000. L'esercito persiano, invece, veniva stimato dalle 250000 unità in su: proporzioni che, se vere, non lasciavano in ogni caso scampo all'esercito di Leonida e soci, indipendentemente dal tradimento.
Il sacrificio di questo contingente militare, però, si dice fu utile alle altre città per potersi organizzare e respingere l'arrivo di Serse: in realtà, a parte Atene e la solita Platea, le altre città erano impegnate nei giochi olimpici, quindi non si poteva assolutamente guerreggiare, nemmeno con un nemico esterno. E non pensiate che sia amore per la pace, ma è semplicemente passione sportiva, di quella che le risse te le fa portare dal campo di battaglia agli spiazzi intorno allo stadio. E' evidente, a questo punto, come ci fosse una divisione dei compiti tra le due rivali (per l'occasione più o meno alleate): a Sparta le operazioni di terra, ad Atene quelle di mare.
La sfida terrestre venne vinta dai persiani, nonostante l'ottima posizione geografica scelta da Leonida per dare scacco all'esercito invasore: in fondo la scelta di un contingente piccolo si rivelò controproducente. Immagino, però, a questo punto che direte: c'erano i giochi politici, le corruzioni, che impedirono a Leonida di portare un esercito più grosso. Niente di più sbagliato: la società spartana, per sua stessa costruzione, era impenetrabile alla corruzione politica. Licurgo, il fondatore dorico della città, posta su una altura inespugnabile, pose a comando di Sparta ben due re, ognuno intento a controllare l'altro. La società poi era estremamente militarizzata: l'unica occupazione di ogni spartano era l'attività militare. Nel caso di Sparta, infatti, soldati è sinonimo di spartani. Certamente molte le storture e gli eccessi di una società che bandiva il lusso e le ricchezze, che proponeva una vita frugale e che metteva a morte i suoi stessi figli se storpi o malati. Di buono c'era la condizione della donna: non solo era rispettata e aveva maggiore libertà di movimento rispetto alle altre città greche, ma poteva anche tradire il marito per un uomo più alto e forte. Per cui con una scelta diversa probabilmente la storia sarebbe cambiata in favore di Sparta.

mercoledì 11 agosto 2010

Sulla piana di Maratona

Fu Ipparco la rovina di Ippia, erede di Pisistrato sul tirannico soglio ateniese: il giovane, infatti, mise gli occhi su Armodio, bel ragazzo amante dell'aristocratico Aristogitone (non dimentichiamo che a quel tempo, per i greci, uomo o donna pari erano). A questo punto la passione d'amore si mescola con la politica: da un lato Ipparco, rifiutato da Armodio, accusò la sorella di quest'ultimo di non essere vergine, escludendola dalle feste Panatenee, dall'altra Aristogitone e Armodio decisero di vendicarsi di Ipparco progettando un attentato ai danni non solo di quest'ultimo, ma anche del fratello tiranno Ippia. Il giorno stabilito per l'attentato, però, l'unico a morire, purtroppo per la città, fu Ipparco.
Lo scampato pericolo fece al tempo stesso impaurire e arrabbiare Ippia, che iniziò a usare metodi dispotici e tirannici, nel senso moderno del termine: così la città, quando non ne poté più di Ippia, si ribellò, costringendo il figlio superstite di Pisistrato in fuga, mentre in patria il potere venne messo nelle mani di Clistene, capo della rivolta, che però riuscì ad esercitarlo solo dopo quattro anni dalla cacciata del tiranno, a causa dei giochi di potere di Isagora, che aveva contribuito con Clistene alla cacciata del tiranno.
D'altra parte Clistene non era poi così diverso da Pisistrato: una volta preso il potere portò, ad esempio, a compimento la riforma agraria iniziata dal primo tiranno democratico di Atene. La novità più importante che introdusse, però, fu l'ostracismo: con questo meccanismo un qualunque cittadino accusato di essere pericoloso per lo stato poteva essere mandato in esilio, a patto di ricevere 3000 voti contrari. E il primo a venire ostracizzato fu proprio Clistene: l'irriconoscenza dei suoi concittadini deve probabilmente essere spiegata con il non voler rischiare un nuovo concentramento di poteri su un unica persona.
Entrano in scena i persiani
Nel frattempo Ippia, scacciato dalla sua città, pensando esclusivamente alla vendetta, si era andato a rifugiare alla corte di Dario. Il re persiano era interessato ad allargare i confini del proprio regno, ispirato dall'unico pensiero che un impero in pace e tranquillo è un impero che allarga i propri confini ai vicini. In effetti la Persia si stava avvicinando alla Grecia, dopo le conquiste della Lidia e di Mileto. I ribelli di queste due città, rappresentate da Aristagora, cercarono aiuto presso Sparta, che, come al solito fedele al suo autarchico isolazionismo, negò qualsiasi contributo militare, mentre Atene, con grande gioia di Ippia, accettò e mosse guerra contro l'invasore.
L'ex-tiranno ateniese, in effetti, fin da quando era giunto alla corte di Dario, aveva cercato di convincere il sovrano persiano a muovere guerra contro la sua città natale. Scoppia così la prima guerra persiana.

martedì 10 agosto 2010

Una dittatura democratica

Per comprendere meglio la sfida tra greci e persiani che sta alla base della famosa battaglia delle Termopili, avvenuta nell'agosto del 480 a.C., è necessario andare un po' indietro nel tempo, a molto prima della prima battaglia. In particolare all'era di Pisistrato.
I primi passi della democrazia
Solone aveva da poco introdotto in Atene la democrazia, la cui struttura era poi destinata a diffondersi quasi in tutta la Grecia (tra le escluse, ovviamente Sparta, che aveva un'organizzazione tutta sua). I partiti, se così possiamo definirli, presenti a quel tempo erano tre, così suddivisi in Storia dei greci di Indro Montanelli: la Pianura, ovvero gli aristocratici, i latifondisti, i ricchi proprietari terrieri; la Costa, ovvero media e grande borghesia, commercianti, armatori; la Montagna, ovvero contadini e lavoratori urbani, qualcosa di più dell'attuale proletariato, visto che non tutti gli appartenenti alle fasce basse della popolazione ateniese erano cittadini della polis. Anzi erano generalmente la minoranza della popolazione urbana ad avere il diritto di partecipare alla democrazia, anche se era probabilmente più democratica di quella che abbiamo oggi.
Comunque un giorno Pisistrato si presentò alla popolazione ferito chiedendo una scorta armata a causa di un presunto attentato. Solone, comprendendo i pericoli di tale richiesta, si oppose, forte della legge cittadina che impediva la formazione di una qualunque forza di polizia o militare stabile, ma nulla poté e così, alla fine, commentò l'esito della vicenda, più o meno, in questi termini:
Siete sempre i soliti: ognuno di voi, individualmente, agisce con la furberia di una volpe. Ma collettivamente siete un branco d'oche.
Probabilmente questa frase dovremmo tenerla bene a mente, la prossima volta che commenteremo i risulati elettorali...

sabato 7 agosto 2010

I grilli atomici

Inizia con Topolino e Pippo che vendono un prodotto per bolle di sapone la storia I grilli atomici di Guido Martina e Angelo Bioletto.
Serializzata sui numeri di Topolino libretto che vanno dal 13 dell'aprile 1950 al 16 del luglio dello stesso anno, segue L'inferno di Topolino, degli stessi autori, ma a differenza di questa, che è una parodia dell'omonimo primo libro della Divina Commedia di Dante Alighieri, si concentra sulla scienza, almeno così come è concepita dal Professore, come è soprannominato il tuttologo e tuttofare Guido Martina.
In effetti sia il testo di Martina sia l'ambientazione utilizzata da Bioletto si rifanno più alle storie ingenue e leggere degli esordi che non a quelle più mature dello stesso periodo, quelle di Bill Walsh e Floyd Gottfredson, che comunque restano ricche di quell'elemento fantastico che è sempre e comunque un buon veicolo per la divulgazione. Visto l'inizio, comunque, avrei potuto parlare delle bolle di sapone, quelle che Pippo rinforza con il cemento per farle durare di più, ottenendo le belle sfere che vedete nell'immagine di apertura, ma causando poi i primi guai dell'avventura. Però delle bolle ne ha già parlato, e anche bene, Emanuela giusto un paio di settimane fa (giorno più, giorno meno). E allora la seconda opzione, la sonoluminescenza, che con le bolle ha pure un collegamento, senza contare che la versione originale dell'articolo è stata scritta dal sottoscritto come appendice a un compitino assegnatomi nel dottorato: questa però è un'altra storia e magari la approfondiamo in altra occasione. E così restano i grilli atomici, quelli del titolo, che vengono ingigantiti all'interno del laboratorio dei Sette Nani, che ricorda più un laboratorio alchemico o chimico piuttosto che uno fisico.

venerdì 30 luglio 2010

Vedere e rivedere


Titolo: Vedere e rivedere. Viaggio di un neuroscienziato nella visione 3D
Autore: Susan Barry
Edizione: La biblioteca de Le Scienze
L'immagine che mi è rimasta maggiormente impressa alla chiusura di Vedere e rivedere di Susan Barry è quando la ricercatrice e autrice del libro ha fatto smettere di piangere un bambino semplicemente facendogli cambiare punto di visione del mondo. La scena è semplice: Susan si avvicina a una donna il cui figlio sta piangendo a dirotto. La donna, non riuscendo a interpretare il pianto del figlio, non sa cosa fare, quando la dottoressa Barry arriva e chiede di prendere il bambino. Ricevuto il consenso della donna, la ricercatrice solleva il piccolo in aria, facendogli cambiare così prospettiva da cui vedere il mondo: il bambino smette incredibilmente di piangere.
Questo dimostra, dal mio punto di vista, qualora ce ne fosse ancora bisogno, che il cervello dei bambini è già attivo e desideroso di sempre nuovi stimoli sin dalla primissima età. La vicenda personale di Susan Barry, una delle tante che racconta, invece è la dimostrazione, qualora ce ne fosse ancora bisogno, che il cervello, anche in età avanzata, è abbastanza flessibile e bisognoso di nuovi stimoli, tanto da essere in grado di imparare e adattarsi a nuove condizioni.
Susan Barry, ricercatrice in campo oculistico, moglie dell'astronauta Dan Barry, collega e poi amica di Oliver Sachs (che scrive l'introduzione), è anche strabica sin dalla più tenera età. Il suo strabismo venne apparentemente curato grazie ad un'operazione chirurgica, però il suo fu uno dei casi in cui l'intervento da solo non è stato necessario per risolvere il problema. In realtà per Susan e migliaia di altri strabici nel mondo, la loro condizione oculare non è di principio un problema insormontabile, mentre per il cervello diventa un semplice problema di adattamento nel funzionamento degli occhi per sopperire alla mancanza della visione stereoscopica, quella che molto spesso diamo per scontata.
Oggi Susan ha riacquistato la visione stereoscopica grazie ad un'attenta terapia oculare fatta non di medicine o ulteriori interventi chirurgici, ma con degli esercizi opportunamente studiati per far recuperare una visione in realtà nota al cervello, ma che a causa dello strabismo infantile non era stata mai utilizzata. Tutto questo grazie a una optometrista di fiducia, una tipologia di esperto degli occhi, non completamente riconosciuta dalla comunità medica. A differenza degli omeopati, però, gli optometristi non vendono fumo o placebo, ma propongono una terapia che, in ogni caso, implica un utilizzo del cervello e degli occhi, e quindi degli esercizi in ogni caso più faticosi del bere acqua leggermente impura.